La restrizione cognitiva appare come un processo in grado di
MODIFICARE l’espressione della fame fisiologica: se ci priviamo di intere categorie di cibi o decidiamo A PRIORI quanto POTER mangiare, finiamo per non provare sensazioni nitide di fame o
di sazietà e diventiamo, di conseguenza, ipersensibili ai fattori esterni,
emotivi e sociali, finendo per mangiare in base all’ambiente, alle
credenze o alle emozioni. Gestire il peso con prescrizioni
dietetiche o terapie cognitive e comportamentali dà risultati
insoddisfacenti in termini di mantenimento e, per alcuni, tali
trattamenti hanno anche l'inconveniente di AGGRAVARE i modelli
comportamentali alimentari.
Questo avviene perché le diete dimagranti
determinano uno stato di restrizione cognitiva, cioè un modo di
mangiare governato da regole in merito ad abitudini e scelte alimentari, IN CONTRAPPOSIZIONE a criteri interni di fame e sazietà.
In uno stato di restrizione dietetica cognitiva, infatti, possiamo sperimentare l'INIBIZIONE SENZA PERDITA DI CONTROLLO oppure una perdita
sia dell'inibizione SIA del controllo. Si possono distinguere:
A) uno stadio volontaristico in cui la persona SCEGLIE DELIBERATAMENTE di non dare ascolto alle sue sensazioni di fame e sazietà, in favore delle
REGOLE che dovrebbero permettergli di controllare il proprio peso
B) uno stadio inconscio durante il quale le sensazioni fisiologiche sono
OFFUSCATE e le abitudini alimentari vengono regolate da PROCESSI
COGNITIVI ED EMOZIONI INCONSCE. Finiremmo così per
organizzare il nostro comportamento alimentare attorno alla PAURA
di sperimentare frustrazione e senso di colpa, aderendo a un modello
di regole imposte dall'esterno che sembrano fornire una risposta più
adeguata. Tale stato di inibizione è spesso intervallato da perdite di
controllo, descritte come attacchi iperfagici o bulimici e da
alimentazione compulsiva.
Le diete potenziano la restrizione e le persone a dieta si sentono in colpa quando "sgarrano", "cedono", finiscono per abbuffarsi...ma il problema sarà la restrizione o l'abbuffata che ne consegue? Se non esistesse la prima, esisterebbe la seconda?
Dott.ssa Chiara Lena
Psicologa specializzata in
Mindful Eating
Scienza dell'alimentazione e dietetica applicata
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